La zona di Pellaro, sita sul litorale ionico e abitata fin dai tempi della Magna Grecia, rientrava nell'ambito della sfera politica di Reggio. Reggio, conquistata da Roma nel 272 a.C.. era considerata dai romani città confederata e in tale qualità doveva fornire a Roma un determinato numero di navi da guerra. Risulta che le montagne attorno a Pellaro erano ricoperte di boschi e sulle colline sorgevano bellissimi giardini, dove veniva coltivata la vite che dava buon vino; sulla costa e precisamente nell'insenatura di Occhio, si sviluppava un porto, importante per i traffici con l'oriente. Le invasioni barbariche prima, le scorrerie dei Saraceni dopo, costrinsero gli abitanti della costa a rifugiarsi all'interno e soprattutto a Motta S. Giovanni, che diventò così un centro importante. Il nome di Pellaro appare per la prima volta in un documento del 1067. Intorno allo stesso anno si può datare la costruzione del convento di S. Filippo dei Iiriti, a tre chilometri dalla costa, in zona panoramica a destra della vallata della Fiumarella. Di esso restano pochi ruderi, mentre la chiesa, che ne perpetuava il nome, è di costruzione recente. Fino al 1600 circa, Pellaro era scarsamente popolata; viene ricordata soprattutto per la sua rada dove approdavano tante volte i mussulmani con l’ intenzione di impadronirsi di Reggio, posta a sei miglia di distanza. Merita particolare menzione un avvenimento ricordato nelle cronache del tempo: nel 1571, la flotta cristiana, che si era radunata nel porto di Messina, partendo per incontrare la flotta mussulmana (lo scontro avvenne presso Lepanto il 7 ottobre 1571) si fermò nella rada di Pellaro, conosciuta col nome "Fossa di S. Giovanni", e fu accolta con grande festa dalla popolazione, che offrì ai crociati pollami, giovenchi, montoni, vini, frutti, agrumi e rinfreschi. Si ha notizia pure dell'esistenza di una torre di avvistamento i cui ruderi si trovano ancora nel retroterra di Bocale Secondo. Tra la fine del 1500 e gli inizi del 1600 vi furono diverse incursioni saracene guidate dal rinnegato messinese Simon Cicala. Cessate le scorrerie dei Saraceni, dopo la morte dei Cicala, numerose persone si postarono dall'interno verso la costa formando dei villaggi.

Nel 1743 scoppia una terribile peste che causò 65 vittime tra Pellaro e Cartisciano, esse sono seppellite nella zona di S. Giovanni B.  Seguì nel 1783 un terremoto che provoco’ nuovi morti e innumerevoli danni. La vita riprese e alla fine del 1700 si contavano a Pellaro circa 1080 abitanti mentre a Motta S.G. ce n’ erano 1140 e a Lazzaro 340. Segno questo dell'importanza crescente che acquistava l'insediamento sulla costa. Molto probabilmente esisteva pure un lago a poca distanza dall'abitato di Pellaro. Il fabbisogno crescente di terra a disposizione per la semina, portò gli abitanti a compiere tagli e incendi dei boschi e a nulla valsero i continui decreti dei governanti per reprimere queste azioni dannose. Scavi praticati nella marina di Occhio portarono alla luce antiche costruzioni e un'iscrizione accennante all'esistenza di un arsenale marittimo, il che indusse l'archeologo Moscato a sospettare che Pellaro sia il porto Bolaro, situato prima a Bagnara, e che il nome stesso di Pellaro sia una modificazione di Bolaro.Nel 1811 Pellaro viene annoverata come frazione di Motta S.G. Nel 1866 entrò in funzione il primo tronco della linea ferroviaria ionica tra Reggio e Lazzaro. Nel 1880 una rovinosa inondazione devastò le vie di comunicazione e rivestì di fango i campi per 25 chilometri tra Pellaro e Villa. Nel 1834 dopo una prosperosa crescita economica e demografica, grazie anche al sorgere di nuovi villaggi come Lazzaro e San Gregorio, venne dichiarata Comune. Il terremoto-maremoto del 1908 distrusse quasi completamente il paese e fece più di un migliaio di vittime tra Pellaro e Lazzaro. In epoca fascista, precisamente nel 1928, l'ammiraglio Zerbi che progettava la "Grande Reggio" incluse Pellaro come sua frazione. Oggi Pellaro e’ una ridente frazione di Reggio Calabria dove si pratica sport, cultura, pesca, agricoltura, commercio, e si produce un ottimo vino denominato (Pellaro IGT) che viene prodotto sfruttando le zone dei vigneti utilizzate sin dai primi coloni greci.

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